Month: August 2019

Cosa è il sostegno psicologico

Cercare un sostegno psicologico è un modo di prendersi cura di sé. La necessità di chiedere aiuto per confrontarsi con quello che sentiamo e che viviamo è un’esigenza molto antica. L’essere umano, durante tutta la sua vita, ha bisogno di incontrarsi con altre menti. È con la relazione empatica con le altre menti che è possibile maturare pensieri e emozioni, creare parole, raccontare le proprie esperienze e dar loro significato.

Nel corso della vita, la mente chiede di avere delle figure che possano accogliere i timori e le paure, ma anche la rabbia, la gioia. Ci sono molte figure che svolgono questa funzione evolutiva, prime fra tutte quelle familiari. Ma anche gli amici, i partner, i professori e chiunque venga sentito come capace di accogliere i nostri bisogni di sostegno.

La nostra mente è forgiata sulle menti degli altri. Cresce con esse.

Lo psicologo può essere una figura di sostegno che offre, tuttavia, un incontro diverso tra menti. Il sostegno si attua sulle potenzialità della persona, nell’ottica di svilupparle. Il sostegno psicologico accoglie i bisogni cercando di chiarirli, di definirli insieme alla persona e di sviluppare in essa gli strumenti di pensiero per farvi fronte. La relazione psicologica si fonda sulla specificità della persona, riconoscendola come unica e irripetibile, con una storia dalla quale emergono certe difficoltà e certi bisogni. Mettendo al centro l’individualità, è possibile non trovare risposte semplici e fornite dall’esterno, ma formulare le domande nate all’interno della persona e sviluppare la capacità di sostegno interna.

Il sostegno psicologico è un dialogo con un’altra mente che mira a creare un dialogo interno costruttivo per appagare i propri bisogni in accordo con le potenzialità e la realtà.

Gestire le emozioni

Gestire le emozioni è uno dei compiti che impegna l’uomo lungo tutto l’arco della sua vita. Le emozioni sono eventi complessi, che scuotono la persona nella sua interezza, talvolta travolgendola, talvolta fornendo quell’energia necessaria al confronto con la situazione. Per questo come gestire le emozioni è una capacità che non si apprende una volta per tutte, ma che deve essere sostenuta, rinforzata e modificata durante tutto il percorso di vita. Le emozioni rimangono, comunque, ciò che “colora” le nostre esperienze e i nostri vissuti, fornendo spessore, profondità e significato.

Cosa sono le emozioni

Le emozioni possono essere definite come delle reazioni a valore adattivo a stimoli interni o ambientali, caratterizzate da peculiari reazioni somatiche e determinate qualità affettive. Sono eventi complessi, che coinvolgono tutta la persona e si manifestano sul piano affettivo, cognitivo, somatico, espressivo e nel comportamento.

Sono reazioni adattive. Il termine “emozione” deriva dal latino “èmotus”, che significa “scuotere”, “smuovere”. Sono disposizioni reattive dell’organismo in risposta all’ambiente naturale e sociale in cui vive. Sono quindi un modo di rapportarsi alle vicende della propria vita che l’uomo ha ereditato dal proprio passato filogenetico. In questo, l’uomo è simile agli animali, specialmente a quelli più vicini nella catena evolutiva, come le scimmie antropomorfe. Per l’essere umano risulta fondamentale la presenza di un “ambiente interno”, psichico, in cui sono rappresentati le proprie relazioni, passate e presenti, e tutti gli oggetti interni significativi. Questi elementi, di solito non consapevoli, influenzano la facilità di esperire certe emozioni e la loro intensità e durata.

Le emozioni possono provocare esperienze piacevoli o spiacevoli, e possono avere una diversa gamma di intensità, dalla più forte e travolgente alla blanda coloritura di un’esperienza.

Differenza tra emozioni, affetti e sentimenti

Le emozioni possono essere definite come stati affettivi di breve durata, con un inizio riconoscibile (che può essere interno o interno) e che comporta modificazioni dell’intero organismo, la presenza di espressioni facciali collegate e dei comportamenti in linea con la causa.

Gli affetti sono una categoria generica, che varia per intensità e qualità e che include le emozioni, non limitandosi a queste.

I sentimenti sono stati affettivi, con un’intensità bassa, durata protratta e che incidono su tutta l’attività psichica e il comportamento. A differenza delle emozioni, non si può trovare una causa precisa per il sentimento. Possono essere considerati lo “sfondo” su cui interpretiamo affettivamente gli eventi, dando loro un tono positivo o negativo.

Emozioni primarie e emozioni secondarie

Sono state identificate 6 emozioni “primarie” dalla cui combinazione deriverebbero le altre emozioni.

Le emozioni “primarie” sono: la rabbia, la tristezza, la sorpresa, la gioia, il disgusto e la paura. Queste emozioni hanno delle modalità di manifestazione piuttosto tipiche, sia per quanto riguarda l’espressione facciale che inducono, sia per i comportamenti che ne scaturiscono. Siamo infatti in grado di riconoscere un volto triste in praticamente ogni luogo, così come abbiamo paura quando riconosciamo nell’altro un comportamento di rabbia. Questo poter riconoscere ciò che l’altro prova ha una forte valenza sociale, sia per la coesione sociale che produce, che per la difesa dell’individuo. Un caro (ma anche un estraneo) triste, ci mette nella condizione di soccorrerlo, cementando così la rete sociale. Un estraneo che mostra rabbia ci fa provare l’emozione della paura, che ci può predisporre a una fuga opportuna e protettiva.

Le emozioni “secondarie” derivano da una combinazione delle emozioni di base. Sono risposte anch’esse piuttosto coerenti in sé e si originano all’interno delle relazioni sociali. Non sono quindi risposte preordinate dall’evoluzione, o lo sono in relazione all’evoluzione sociale di cui l’individuo fa parte. Ne sono esempi: la gelosia, la vergogna, l’invidia, la rassegnazione.

Emozioni difficili

Le emozioni, come detto, colorano a tinte forti la nostra vita e le nostre esperienze, nella piacevolezza e nel dispiacere. Certe volte le emozioni si impongono senza che possiamo arginarle per confrontarci con la situazione. Essendo le emozioni un evento che ha la capacità di coinvolgere tutto l’individuo, anche confondendo le sue capacità di elaborazione razionale, spesso accade che la persona non riesca a comprendere la situazione a pieno e che vi reagisca.

Reagire e agire

Reagire può voler significare che la persona agisce in un modo stereotipato allo stimolo. L’azione è un comportamento dell’organismo sulla base della comprensione della situazione e in linea con determinati obiettivi. Questo comporta una povertà di risposte possibili e, spesso, l’instaurarsi di relazioni difficili. Se durante una discussione col partner la persona sente una minaccia, un’accusa, un’offesa, può reagire a questo evento con rabbia. L’offesa, tuttavia, può essere anche in parte vissuta come tale, ma non esserlo di fatto. La reazione di rabbia comporta per chi la produce e per chi la subisce, una chiusura del dialogo. Non c’è poi modo (salvo i chiarimenti dopo la discussione), di dire che ci si è sentiti feriti, offesi e perché. L’emozione travolge, la persona e il suo interlocutore. La reazione, ovvero l’azione stereotipata e non pensata, può compromettere le relazioni, può mettere a rischio le attività quotidiane della persona. Soprattutto, un’emozione non pensata è fonte di grande angoscia per chi la prova. Non potendo dare parola a quei moti potenti, la persona è preda di sé: vive l’emozione, ma non le da significato. E anche la situazione in cui si origina non assume mai un significato esteso. Rimane una delle tante occasioni in cui ci si è, ad esempio, arrabbiati.

Alternative alla reazione

Un modo per gestire le emozioni è sicuramente quello di saperle riconoscere appena insorgono. Sapere che in un certo momento si è arrabbiati aiuta a dare senso al nostro vissuto. Aiuta a fermare l’ondata emotiva e a chiedersi: “Cosa mi fa arrabbiare?”. Questa domanda apre alla possibilità di indagare la realtà e la situazione per comprendere se la quell’emozione è coerente con quello che sta accadendo.

Dare un nome all’emozione e chiedersi “cosa” la fa provare, apre anche la possibilità di indagare la realtà interna. Come detto, il nostro ambiente psichico è affollato di tutte le persone, le relazioni e le esperienze passate. In esse si trovano le nostre emozioni e le prime situazioni in cui si sono manifestate e rafforzate. Nella nostra storia, quella storia per come l’abbiamo vissuta, è racchiusa la nostra predisposizione a reagire invece che a compiere azioni. Rintracciare la storia delle nostre emozioni, dare un significato a questa storia con molte parole è un modo per trovare l’alternativa alla reazione. È un modo per produrre, lentamente, un cambiamento verso relazioni con le persone, la realtà e se stessi più proficuo e appagante. È sicuramente un dialogo interno molto complesso che può essere ostacolato da timori e dalla forte tendenza umana al mantenimento delle strategie di confronto con se stessi. È un dialogo che può trovare un suo sostegno nello studio dello psicologo. Il dialogo psicologico è proprio un dare parole alle emozioni e dare significato alla storia delle nostre relazioni, passate, presenti e future. Sapere che cosa in noi induce una certa risposta emotiva non pone ovviamente a riparo dal provare una certa emozione. Parlare è compiere un’azione e non essere soggetti a una reazione. Parlare è emozionarsi e depositare l’emozione in una storia che dona significato alla nostra vita.

Il benessere psicologico

È una domanda che può capitare di farsi in molte situazioni. Sicuramente in stati d’animo difficili, pesanti o anche dolorosi che possono verificarsi nelle relazioni o negli affetti, accade di chiedersi che cosa sia il benessere psicologico. Ma anche momenti di tranquillità, appagamento, soddisfazione nel lavoro possono dar luogo alla domanda. Il benessere, come la salute o la normalità, non sono di facile definizione. Sono parole con le quali cerchiamo di descrivere stati interni (ma anche quelli esterni che osserviamo). E in quanto parole, risentono di tutto ciò che la società e la cultura ci hanno dato per descrivere il nostro mondo, interno o esterno che sia. Il benessere psicologico è una faccenda estremamente privata e comprende il nostro stato fisico e i nostri affetti, sia nelle relazioni che nell’ambito del lavoro o della formazione. Ognuno ha il suo modo di sentirsi psicologicamente bene.

Alcuni aspetti del benessere psicologico

Si possono trovare degli “ambiti” che, se appagati, sostengono uno stato psicologico piacevole.

Stato fisico

Sicuramente la condizione fisica è un fattore importantissimo. Poter contare su un corpo funzionale, soggetto a pochi disturbi transitori, permette di potersi muovere nel mondo, fare progetti, andare incontro a situazioni che riteniamo piacevoli e appaganti. Il corpo è uno dei nostri principali riferimenti mentali. Quando non si sente rimane sullo sfondo. Quando qualcosa non va (e può bastare una febbre) praticamente tutta la nostra attenzione viene catturata dallo stato di disagio fisico. Allora vengono dubbi, più o meno pesanti, incertezze, ci sentiamo deboli e meno capaci. L’umore tende a virare a virare verso la tristezza e l’ansia, se la condizione si protrae o si aggrava.

Relazioni e affetti

Un altro aspetto che compone il benessere psicologico è quello relazionale e affettivo. Le nostre relazioni iniziano con noi. Gli affetti iniziano con noi. È di vitale importanza per la nostra psiche avere delle relazioni soddisfacenti. Sin dall’inizio. Essendo il luogo in cui si attivano in massimo grado gli affetti e le emozioni, le relazioni sono anche il luogo in cui la nostra mente viene messa più in gioco. La famiglia è il primo percorso del nostro sviluppo emotivo e relazionale. In essa ci sono i sentimenti più forti, misti, anche contraddittori e dolorosi. Ma è la matrice della nostra capacità di stare bene, di incontrare l’altro e di accoglierlo nel nostro percorso di vita, siano amici o partner. Questo ambito è anche quello in cui si costruisce una capacità a mio avviso fondamentale per il benessere, ossia quella di saper chiedere sostegno e aiuto. Trovo che questa capacità possa contrastare la tendenza, tipica della nostra società, di concepire la persona come “totalmente” autonoma, che deve essere capace di far fronte a tutto e non deve mai abbattersi, in una solitaria strada che se appaga certe tendenze, ne frustra altre ben più profonde.

Lavoro e formazione

L’ambito del lavoro o della formazione (scuole, università, tirocini, ecc.) sono essenziali per la nostra soddisfazione, sia in modo diretto che indiretto. Il ricavato economico del nostro lavoro porta con sé la sensazione di poter progettare la nostra vita, rendendoci economicamente indipendenti, col suo risvolto di sensazione di procedere e crescere. Ma anche il lavoro in sé può essere fonte di enorme soddisfazione. In esso possiamo esprimere le nostre competenze, maturare esperienza, sentirci capaci e arricchiti. È un ambito molto potente, capace di attirare tutte le nostre energie e la nostra attenzione, talvolta a scapito di altri aspetti importanti della nostra vita che richiedono appagamento (come quello relazionale o del benessere fisico). Anche l’appagamento nel lavoro può divenire preda di una certa tendenza sociale a essere “iper- efficienti” e, quindi, “indistruttibili”.

Sostegno per il benessere psicologico

Come detto, il benessere psicologico è una questione privata. È anche una questione che può cambiare nel tempo. È esperienza comune che si attraversino dei periodi in cui la mente si sente serena ad altri in cui qualcosa si affaccia come disturbo, ad altri ancora in cui sembra che tutto l’equilibrio crolli. Quando la condizione fisica e psichica lo consentono, c’è la possibilità di affrontare gli eventi esterni, i conflitti interiori e di sviluppare le proprie capacità. Quando queste condizioni, o in parte o in toto, vengono meno, allora si ha un malessere,ossia una difficoltà a far fronte a ciò che accade.

Come in quei periodi della vita in cui abbiamo avuto bisogno dei genitori o di altri che si prendessero cura di noi, anche nei momenti di malessere psicologico può emergere il bisogno di avere un sostegno.