Avere ragione. Usare la ragione

Sep 8, 2019 Blog

Avere ragione. Usare la ragione

Capita spesso di voler avere ragione. Accade nelle discussioni su argomenti vari, in discussioni di coppia, con altri membri familiari e. in generale, in ogni situazione relazionale.

Avere ragione

La ragione può essere definita genericamente come la facoltà di pensare, discernere, stabilire rapporti logici e di porre giudizi. È quindi una facoltà che va “usata”. Tuttavia, spesso riteniamo che la ragione sia qualcosa “da avere”, come se si fosse di fronte a un tribunale che può stabilire una volta per tutte la verità. Avere ragione sembra allora significare aver vinto, aver ridonato dignità alla nostra persona, aver primeggiato. Il vissuto “da tribunale”, tuttavia, prevede una selezione dei dati, sia esterni (ossia le parole dell’interlocutore, l’argomento) sia interni (ossia i nostri vissuti sempre variegati e ambivalenti, fatti di rabbia, ma anche amore).

Certamente, questo si applica solamente in minima parte alle discussioni più “intellettuali”, dove l’esercizio della ragione ha il suo luogo legittimo di applicazione. Nelle relazioni, invece, avere ragione opera un selezione dei fatti (facciamo un’arringa interna, creiamo una linea di difesa e di accusa, cerchiamo prove e indizi). In questo modo, e con questo fine, escludiamo fatti fondamentali per la nostra vita affettiva. Escludiamo i sentimenti implicati e, di fatto, escludiamo l’altro. L’altro viene rappresentato in noi sotto un’unica luce: quella di chi compete per qualcosa. Manca però l’altro per come lo viviamo nella relazione. Manca, nel senso che viene oscurata, la dimensione affettiva: i suoi sentimenti, le sue motivazioni, il passato della relazione, la possibilità di creare un futuro. Alla fine, qualcuno ha “vinto”, qualcuno “ha ragione”. Forse, però, manca qualcosa… sembra che manchi l’uso della ragione.

Avere ragione su se stessi

Questo atteggiamento di selezione dei fatti avviene dentro di noi e coinvolge anche i fatti emotivi che ci riguardano. Capita di trascurare molti dati della nostra vita affettiva, delle nostre motivazioni nel compiere un certo comportamento, nel prendere determinate scelte, nel gestire le relazioni. Spesso sentimenti complessi o emozioni difficili oscurano la nostra disponibilità a comprendere noi stessi e l’altro in modo ampio. Allora cerchiamo spiegazioni, razionalizziamo. Mai con una soddisfazione totale. A guardarle bene, magari “a freddo”, quando è trascorso un po’ di tempo, mostrano delle lacune. “E se avesse voluto dire questo?”, “Forse quando ha detto così intendeva altro…”, “Ero furioso… mi sembrava che ogni sua parola fosse un insulto”, “Cosa sto provando?”, “Questa emozioni oscurano altre emozioni che sto provando?”, “Cosa possono dire di me e della relazione queste emozioni che non sento?”. Questi dubbi sono le premesse per accogliere l’altro e le sue motivazioni e per comprendere meglio le nostre.

Usare la ragione

Se la ragione è definita come la facoltà di pensare, ci possiamo chiedere cosa significhi “pensare”. Possiamo definire il pensare come quell’attività psichica che separa la vita interna da quella esterna e che dona significato in base a questa differenza. Molto di noi è percepito come se fosse parte del mondo esterno. È il nostro modo, inevitabile, di dare significato alla realtà. Riconoscere ciò che è nostro in ciò che è esterno ci permette di avere un quadro più completo della realtà e delle relazioni. Permette di avere dei dati su noi e sull’altro che possono essere elaborati in funzione di una migliore comprensione delle situazioni, anche problematiche che stiamo affrontando.

In questo modo, non si cerca un “colpevole”, una “vittoria”, bensì un chiarimento e le possibili soluzioni. Così pensiero si espande, ossia comprende più sfaccettatture della realtà, più luci e ombre, dettagli e prospettive altrimenti non visti, ma sicuramente attivi. Si pongono domande come: “Di cosa stiamo parlando?”, “Con chi sto parlando?”, “Cosa provo per questa persona?”, “Come mai sento che le sue parole mi feriscono e che devo avere la meglio?”, “Perché sento di dover avere la meglio?”, “Quando mi è capitato di sentirmi così, e con chi?”, “Perché non chiedo di cosa effettivamente si sta parlando?”. Sono alcune domande che possono interrompere un tipo di elaborazione che può portarci ad avere ragione senza usarla. Sono domande che ampliano la visione della realtà di ciò che sta accadendo nella relazione e aiutano a comprendere i nostri bisogni e paure e quelle dell’altro.

Le relazioni si fanno sempre in due. L’altro è però sempre vissuto anche come oggetto delle nostre aspettative, ricordi, relazioni passate. Essere consapevoli di quanto di noi mettiamo nell’altro tutela le nostre relazioni esterne. Ed è un gesto d’amore verso noi stessi.

JWH

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